Avete mai sentito parlare dell’effetto Kulešov?
L’arte del montaggio, per essere compresa, ha bisogno di uno studio non solo pratico ma anche teorico. In questi mesi abbiamo avuto modo di approfondire quelli che sono i prerequisiti del montaggio e visto il rapporto tra montaggio e spazio e montaggio e tempo.
In un’epoca in cui cresce la richiesta di prodotti audiovisivi e moltissime persone stanno cercando di acquisire gli strumenti idonei per diventare dei professionisti, questi concetti sono il punto di partenza per imparare questa bellissima arte. Bisogna sempre scegliere un punto di partenza e così oggi volevo proporvi un esempio lampante di come il montaggio, tra tutte le sue finalità, crei senso.
Ma cosa significa concretamente dare un senso attraverso le immagini?
Poco dopo la rivoluzione russa del 1917 Lev Vladimirovič Kulešov dirigeva una scuola di cinema tra i cui allievi c’erano i cineasti Vsévolod Pudovkin e Sergej Ejzenstejn.
Nel 1922, Pudovkin descrisse un presunto esperimento che fu realizzato insieme a Lev Kulešov. Esso, secondo la descrizione di Pudovkin, consisteva nella selezione di una sequenza con primo piano del viso del noto attore Ivan Mozžuchin, che non esprimesse alcuna emozione particolare, unito a frammenti di altre pellicole d’archivio.
Si generarono così tre diverse combinazioni.
Nella prima combinazione, dopo il primo piano dell’attore, veniva mostrato un piatto di zuppa sulla tavola, in modo che sembrasse che Mozžuchin lo stesse guardando.
Invece nella seconda, l’immagine del piatto venne sostituita con quella di una donna in una bara.
Infine nella terza si utilizzò invece una bambina intenta a giocare con un orsacchiotto.
In seguito, le combinazioni furono mostrate al pubblico. Gli spettatori ebbero la sensazione che di fronte alla zuppa il viso di Mozžuchin esprimesse appetito, che di fronte alla bara esprimesse tristezza e che di fronte alla bambina esprimesse gioia, ma in tutti e tre i casi l’espressione era la stessa. Kulešov chiamò “geografia creativa” la creazione di questa narrativa visuale coerente tramite il montaggio di vari spezzoni di pellicola già esistenti.

L’effetto Kulešov è forse l’esempio più importante di sintassi filmica
La visione di una scena è in effetti un fenomeno di “stimolo-risposta”, poiché lo spettatore partecipa attivamente al processo di creazione dei significati. Il pubblico proietta le proprie emozioni sul viso dell’attore, basandosi su canoni di rappresentazione delle espressioni, sicché le successive inquadrature della zuppa, della bara e della bambina portano a metterle in relazione con i corrispondenti sentimenti di appetito, tristezza e felicità.
L’effetto percettivo prodotto dalla successione di immagini è rapido, inconscio e quasi automatico: ordinando le inquadrature di una scena in una particolare sequenza, la pellicola induce aspettative negli spettatori.
Riguardo all’ordine delle immagini, la psicologia della Gestalt spiega che la giustapposizione consecutiva di immagini tende a suggerire, alla grande maggioranza delle persone, che esse siano in relazione. Vedendo le immagini, vengono formulate ipotesi immediate sul significato narrativo degli eventi e inconsciamente li si mette in connessione. In altre parole, collocando un’immagine o sequenza prima di un’altra si costruisce tra esse un’unione semantica.
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