Diario di un On the Road solitario nel Nord Europa

Scritto da Fabrizio Rienzi

Dicembre 9, 2020

Se amate viaggiare sapete benissimo quanto questa sia ogni volta un’esperienza nuova. In quest’ultimo periodo non c’è consentito a causa della pandemia covid che ha colpito tutto il mondo.

Se oltre ad essere un amante dei viaggi sei anche un videomaker allora viaggiare non significa soltanto visitare posti nuovi ma immortalare frammenti di immagini, ricordi e sensazioni con uno sguardo personale.

Ed è quello che ha fatto Fabrizio Rienzi, videomaker e appassionato di sport estremi, nonché docente di videomaking dell’Academy di Montalo.

Il suo reportage che anticipa la Live di Venerdì 11 dicembre alle ore 18:30 sulla pagina facebook di Montalo.

25 agosto 2020, Roma. Con la voglia matta di partire, lasciare tutto e viaggiare solo, sono salito sulla mia 147 puntando verso un’unica meta: il Nord Europa. Nessun compagno, nessun confort: solo io, la mia camera, il mio Pc, un po’ di cibo e una tenda.

Dopo 30 ore di macchina, 2800 Km macinati con qualche tappa per dormire (sempre in macchina) sono arrivato a Oslo. Ed è lì che è iniziata la mia avventura. Sono partito con l’idea e la volontà che non sarebbe stato il solito viaggio, la solita vacanza. Sentivo il bisogno di perdermi in mezzo alla natura e così, dopo i primi tre giorni passati in macchina cercando di fare più chilometri possibili e nel minor tempo, da Oslo in poi me la sono presa con comodo. Ed è per questo che reputo Oslo il vero inizio del mio viaggio.

La seconda tappa è stata Pulpit Rock, una delle montagne più famose della Norvegia. Ho parcheggiato la mia auto per proseguire a piedi, di fronte a fantastici Fiordi. Due ore o poco più di camminata per arrivare a 700 m di altezza.  Un buon inizio.

Poi ho proseguito il viaggio arrivando nel posto più spettacolare al mondo e quello che ad oggi io reputo il più bello che abbia mai visto: Trolltunga. Avete presente la Rupe dei Re? Beh, quella è stata l’impressione che ho avuto una volta giunto in cima dopo 24 km di escursione.

Lungo questo percorso la cosa più bella è che ti ritrovi davanti un paesaggio sempre diverso con montagne ognuna differente dall’altra. Poi arrivi a questa rupe magica che ti fa sentire un po’ in cima al mondo. Altra cosa fantastica è che non è un posto per tutti. Per arrivarci devi essere un amante del trekking.

Le persone che incontri non sono dei semplici turisti ma dei veri escursionisti che hanno con se fotocamere e videocamere professionali e per certi versi, se ami fare video, ti senti parte di una famiglia. Le persone fanno foto e video non come fossero turisti che trovi in Piazza di Spagna a Roma. L’approccio è, per questo motivo, totalmente differente.

Dopo Trolltunga avevo bisogno di una pausa e Bergen in questo senso è stata la meta ideale. Un paesino tranquillo dove ricaricare le energie e poter comprare dell’attrezzatura tecnica che mi sarebbe poi servita per le tappe successive.

La prima di queste è stata Galdhøpiggen dove ho capito cosa significa camminare sopra ad un ghiacciaio. Non provo neanche a descrivervi le sensazioni vissute perché le parole che utilizzerei non sarebbero in grado di darvi l’idea di quello che è stato. Posso solo dirvi che se amate vivere emozioni forti, questa è una di quelle esperienze da fare.

Sulla vetta più alta della Norvegia, a 2550 metri e – 11 gradi, attaccato ad una corda insieme ad altre persone che non conosci ma che sai ti aiuteranno a sopravvivere, ho avuto la conferma di quanto sia unico viaggiare.

Ho poi proseguito in macchina verso Briksdalsbreen e davanti a me ho trovato una lingua di ghiaccio nelle gole di una montagna che sembra essere viva. Lì con una passeggiata di mezz’ora mi sono goduto un paesaggio mozzafiato. Un’esperienza meno estrema della precedente e anche più godibile per chi non vuole esagerare.

Geirangerfjord e Dalsnibba sono state le tappe successive per arrivare nel Fiordo più famoso dove attraccano le navi da crociera, un posto immenso sia per la grandezza che per impatto visivo. Poi ancora avanti verso nord sono arrivato sulla Trollstigen una strada di montagna presso Rauma, a sud di Åndalsnes, nella contea di Møre og Romsdal, sempre in Norvegia. Una strada con una decina di tornanti con una pendenza del 12% ed una sola corsia per quasi tutto il percorso. È una delle strade più famose al mondo e quando sono arrivato lì ho capito il perché. Un punto di osservazione davvero unico.

Poi è stata la volta dell’Atlantic Ocean Road, un tratto di strada di circa 10 chilometri dove passi sull’oceano con le onde che ti sfiorano. Anche qui quello che ho visto è stato unico e credo che al mondo posti così non ce ne sono. Per lo meno ad oggi non li ho mai visti.

Per arrivare a Stedind ci sono voluti due giorni di guida abbastanza duri. Si passa per l’entrata del Circolo polare artico e la città è un semplice punto di arrivo. Macchina e tenda continuano ad essere i mie posti letto fino a Lofoten Island, un villaggio di pescatori di stoccafisso. Tanti piccoli villagi su sassi immersi nell’oceano con surfisti che si divertono a -2 gradi di temperatura. Follia e magia allo stato puro.

Il mio obiettivo successivo era arrivare a Tromsø, Capo Nord, ma come ogni viaggio che si rispetti un imprevisto me lo ha impedito. Il motore della mia 147 ha iniziato a fare i capricci e purtroppo ho dovuto dare più rilevanza alla mia razionalità che all’istinto. Se avessi continuato ci sarebbero stati chilometri e chilometri di nulla e rimanere a piedi lì sarebbe stato realmente un problema. Anche perché c’era un lungo viaggio di ritorno ad aspettarmi.

Per consolazione ho passato due notte in ostello a Reine, un porto di pescatori dove mi sono fermato per girare immagini con il drone. Siccome ha piovuto senza sosta ho aspettato 6 ore in macchina che smettesse per girare appena 3 minuti di clip. Ne è comunque valsa la pena.

Da qui in poi è iniziato il mio viaggio di ritorno. Dalla Norvegia sono passato per la Svezia e la Finlandia. Ad Helsinki mi sono imbarcato verso Tallinn, in Estonia. Ho proseguito verso la Lituania e una volta arrivato in Polonia non potevo non fermarmi un secondo ad Auschwitz. È una di quelle tappe che se è di strada non puoi evitare soprattutto se vuoi ricordare quanto può fare schifo a volte l’umanità. Lì ho comprato un libro e, in una tappa e l’altra del viaggio di ritorno, ho letto sulla mia amaca.

In Repubblica Cieca mi sono fermato a Brno e Praga, rispettivamente all’autodromo famoso nella prima e per una visita scontata e turistica nella seconda. A Praga sono restato due notti in albergo perché la stanchezza ormai era arrivata alle stelle.

Ricaricate nuovamente le energie mi sono diretto verso la Germania, a Königssee, confine estremo con l’Austria nel lago dei Re dove ho rimontato la mia amaca e continuato a leggere il libro comprato ad Auschwitz.

Superata la Germania e arrivato in Austria mi sono detto: perché non fare un po’ di arrampicata nella palestra più famosa al mondo? Così a Innsbruck mi sono divertito un bel po’ in quella che reputo essere stata una tappa “sportiva”.

Il 25 settembre 2020 sono tornato a Roma, a quella normalità dalla quale ero fuggito un mese prima. Poi ho ricevuto una chiamata speciale, quella di Gianmarco Capri. Quest’altra storia però ve la racconterò tra pochi giorni.

Venerdì 11 dicembre alle ore 18:30 sulla pagina facebook di Montalo in diretta con Gianmarco avrò il piacere di spiegarvi con quali fotocamere e videocamere ho realizzato le clip di questo viaggio.

Intanto quando ne avrete la possibilità, un viaggio del genere ve lo consiglio.

 

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