Videomaking: il Triangolo dell’esposizione
Se vuoi essere un videomaker professionale non puoi non conoscere il Triangolo dell’esposizione. È uno di quei concetti che stanno alla base del videomaking ed è per questo che devi conoscerlo.
Gestire le variabili che determinano una buona esposizione significa realizzare immagini che possano mantenere uno standard qualitativo di livello.
Dopo aver parlato del funzionamento generale di una camera, visto gli aspetti fondamentali che regolano il sensore, quali sono gli obiettivi migliori, oggi parliamo con Fabrizio Rienzi del Triangolo dell’esposizione.
Questi argomenti sono trattati in maniera approfondita nel corso Videomaking Mastery dell’Academy di Montalo (scopri di più).
Una buona esposizione dipende da 3 differenti elementi la cui gestione complessiva da vita all’esposizione finale della nostra immagine e sono: il diaframma, gli ISO e la shutter speed. Quello che faremo oggi è parlare in modo approfondito proprio di queste 3 variabili. Partiamo dal diaframma.
Per diaframma s’intende una serie di lamelle che sono presenti all’interno dell’obiettivo, gestendone l’apertura decidiamo quanta luce andrà a colpire il nostro sensore. Il numero di lamelle che formano il diaframma è variabile. Più lamelle ci sono più la forma che vedremo all’interno del nostro obiettivo quando è completamente chiuso sarà vicino ad un cerchio, visibile con il cosiddetto effetto bokeh, che si manifesterà inquadrando delle luci nell’area fuori fuoco.
Ogni obiettivo ha il suo particolare effetto bokeh. Il diaframma serve a gestire l’apertura, che a noi interessa ovviamente perché ci permetterà di esporre bene le nostre immagini video e che viene indicata con uno specifico valore in f-stop.
Questi numeri 1.4 / 2 / 4 / 5.6 e così via … indicano gli stop di luce che colpiranno il nostro sensore. Tanto più il valore sarà basso maggiore sarà la quantità di luce. In questi casi il diaframma sarà molto aperto.
Se invece lo chiudiamo ad esempio a f16, sarà molto chiuso e la quantità di luce diminuirà. Ovviamente l’apertura utilizzabile per esporre le nostre clip video dipende dalla tipologia di lente e dalle sue caratteristiche. Una lente veloce, come si dice in gergo, ci permetterà di aprire molto il nostro diaframma e questo è un grande vantaggio. Solitamente queste lenti costano di più delle altre.
In alcuni casi l’f è costante, ad esempio 50mm f1.4. Il valore di f può anche essere variabile, ad esempio se stiamo utilizzando una lente zoom potremo avere un valore di f del tipo 3.5/5.6.
Esistono però anche lenti zoom con f costante come il 18/35 sigma art f1.8, diventato un must have per molti videomaker proprio per la sua buona luminosità su tutte le lunghezze focali.
Per tornare poi al discorso delle ghiere, se si tratta di una lente automatica potremmo comandare l’apertura direttamente dalla camera, in caso contrario dovremmo farlo manualmente con un ghiera dedicata.
L’apertura è molto importante anche per quanto riguarda la profondità di campo, che cambierà nettamente in base al valore di f.
In inglese troviamo spesso queste due definizioni deep depth of field dove ovviamente depth of field è la profondità di campo e per deep si intende la capacità di vedere tutto in modo profondo, che corrisponde ad un diaframma molto chiuso e una depth of field maggiore.
Shallow depth of field invece è il contrario, indica una minore depth of field e maggior sfocato intorno al soggetto. Bisogna dire che nel mondo video la quantità di stop di luce di una lente può anche essere misurata in t-stop che sono più legati alla quantità di luce che colpisce la lente.
A questo punto passiamo agli ISO. In questo caso il valore in ISO indica la sensibilità del nostro sensore alla luce, maggiore è questo valore maggiore è la sensibilità che si traduce con una luminosità aumentata della nostra immagine. I valori in questione sono espressi in centinaia, quindi ad esempio ISO 100 e ogni volta che andremo ad aumentare questo valore verrà moltiplicato per 2, quindi 200 / 400 / 800 / 1600 ecc … .
Gli ISO sono importanti perché influenzano tantissimo il rapporto segnale/rumore.
Prendiamo il nostro video, o meglio il nostro segnale video: se aumentiamo questa variabile aumenterà anche il rumore digitale, ecco perché come al solito tutto deve essere dosato in maniera intelligente.
Non abbiamo luce, non possiamo pensare di aumentare in modo esponenziale gli ISO per impostare bene la nostra exposure, perché ovviamente rischieremo di rovinare la nostra immagine con una grande quantità di rumore. Ovviamente la tecnologia si è molto evoluta in merito.
Mi ricordo che fino a 7-8 anni fa pensare di avere delle belle immagini pulite era pura fantasia, ora come ora molte camere ci hanno dimostrato di poter raggiungere dei valori di sensibilità quasi folli.
Pensiamo alla serie S di sony che praticamente permette di esporre le proprie immagine con la sola luce della luna. Ovviamente non dobbiamo pensare che sensori molto sensibili siano la chiave di tutto.
Bisogna imparare a gestire la luce quando si lavora in tutte le sue declinazioni, senza puntare esclusivamente sugli alti ISO.
Ogni camera ha il proprio ISO nativo che semplicemente indica un valore specifico di sensibilità “naturale” per il sensore dove il rapporto segnale/rumore è ottimale. Con quel valore riusciamo ad ottenere l’immagine più bella in assoluto: aumentando o diminuendo sappiamo che andremo ad aggiungere del rumore oltre alla maggiore sensibilità. Ovviamente più il valore è alto maggiore sarà il noise presente.
Quindi il mio consiglio è quello di conoscere sempre questo valore, per cercare di tenersi più vicino possibile ad esso.
Ultimamente molte camere hanno la possibilità di scegliere un doppio ISO nativo, il cui funzionamento è sempre quello che abbiamo descritto prima, con l’unica differenza che avremo 2 valori “naturali” per il nostro sensore, solitamente uno più basso e uno più alto, ad esempio 400 / 2500.
È una grande comodità perché noi a seconda delle condizioni di luce n cui ci troviamo, possiamo scegliere una maggiore o minore sensibilità senza spappolare troppo l’immagine, grazie a questo doppio circuito presente all’interno del sensore.
Passiamo ora alla terza variabile del nostro triangolo delle esposizione ossia la shutter speed, in italiano la velocità del nostro otturatore le cui impostazioni gestiscono quanta luce passa e andrà a colpire il nostro sensore.
A differenza della fotografia dove ci si può spingere su dei valori più estremi, nel mondo del video ci muoveremo in dei range di valori meno spinti che vengono espressi o con valori numerici classici (es. 100) o con valori angolari (es. 180°).
La shutter speed solitamente viene impostata con un valore doppio rispetto al frame rate, di cui abbiamo parlato nel primo capitolo. Quindi se vogliamo girare a 25fps la nostra shutter speed dovrà essere di 100.
Ma da cosa deriva questa sorta di regola?
Dall’idea che le immagine video che produciamo dovrebbero avvicinarsi parecchio a come noi vediamo la realtà e siccome questo valore incide pesantemente sul motion blur, ossia quell’effetto di sfocatura che vediamo quando un oggetto si muove davanti ai nostri occhi, dobbiamo fare in modo che non si creino strani effetti a meno che non siano voluti.
La gestione corretta di queste 3 variabili ci permette di esporre correttamente la nostra immagine.
Ovviamente abbiamo detto che la shutter speed dovrebbe seguire determinate regole per essere corretta, quindi tendenzialmente una volta che l’abbiamo impostata rispetto al valore del frame rate non la andremo più a toccare ma dovremmo andare a lavorare sull’apertura e sugli ISO, che in alcune camere vengono anche indicati con la voce Gain.
Un’altra cosa che voglio aggiungere per completare il quadro è che alle volte la shutter speed non viene indicata con un valore numerico ma in gradi e solitamente il valore che corrisponde ad un motion blur naturale è 180°.
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